Uno store manager per le #farmacie

farmaci

Dati recentemente diffusi da Nielsen fotografano una situazione di difficoltà per il canale farmacie, che hanno chiuso il 2012 con una flessione del fatturato, dovuto a un generalizzato calo dei consumi- farmaci etici, OTC, cosmetici, parafarmaci- e a una crescita dei farmaci generici/equivalenti (la cui quota è, a onor del vero, ancora largamente inferiore agli altri Paesi europei).
Le farmacie italiane stanno “cambiando volto”, sia per l’ingresso nell’arena competitiva delle parafarmacie- siano queste gestite o meno dalla GDO- sia per una sempre maggiore attenzione dei consumatori alle componenti di servizio e di prezzo nell’ambito delle proprie esperienze di acquisto in ambito salutistico o, più in generale, per prodotti afferenti l’area del benessere.
Per questi motivi è necessario andare oltre la visione delle farmacie come meri punti di presidio farmaceutico nel territorio- tratto che resterà, sia ben inteso, predominante- approcciando il canale con logiche più “commerciali” e di “servizio” , riconoscendo cioè che anche le farmacie sono oggi né più né meno che negozi, ove dovranno essere sempre più importanti le attività di category management (per la gestione degli assortimenti), di visual merchandising (per la gestione degli spazi e dell’esposizione), e di gestione del pricing (non solo in ottica promozionale).
Tale cambiamento dovrà comportare anche una maggiore focalizzazione sui segmenti di offerta non propriamente farmaceutici, quali la cosmesi che ha ancora importanti margini di crescita. Infatti la quota della distribuzione dei prodotti cosmetici nel canale farmacie è ancora bassa (di poco superiore al 20%) rispetto ad esempio al canale della distribuzione organizzata, ma da alcuni anni sta registrando importanti tassi di crescita, ben superiori alle medie di mercato. Un altro dato che evidenzia le notevoli potenzialità del canale è dato dal fatto che solo il 6% della popolazione acquista prodotti cosmetici in farmacia (contro un dato di oltre il 50% relativo alla GDO) e che vi sono ampie fasce di popolazione (giovani e anziani) che non effettuano tali acquisti all’interno del canale; inoltre il settore cosmetico è ancora per la gran parte femminile, presentando quindi ulteriori opportunità di crescita verso il settore maschile.
In tale contesto, nel confronto con tutti gli altri canali di vendita che le farmacie non potranno più trascurare- GDO, erboristerie/profumerie- il canale farmacie continua ad avere degli atout qualificanti e che opportunamente sfruttati dovranno divenire il punto di forza per l’elaborazione delle nuove strategie di sviluppo. Nell’immagine sotto riportata sono riassunti alcune keywords collegate ai diversi canali,

keywords

Partendo dalle caratteristiche del canale farmacie sopra evidenziati, sarà necessario che i farmacisti abbandonino mentalmente il camice bianco per indossare i panni di store manager, enfatizzando gli elementi di professionalità e servizio/assistenza a favore delle clientela, lavorando sulla qualità dell’assortimento (selezione ex ante dei prodotti, da non delegare all’industria) e adottando tecniche moderne di visual merchandising (e di comunicazione in store), per evitare che le farmacie, come oggi spesso capita, appaiano sempre più simili ai souk (senza averne, ahinoi, il relativo fascino!) nel goffo tentativo di imitare logiche commerciali non ancora metabolizzate e comprese.

Sono    quindi molte le sfide che attendono questo canale, che dovrà avere la forza non solo di rispondere ai mutamenti in atto nel contesto sociale, economico e normativo, ma di disegnare anche attraverso opportune strategie di marketing una propria nuova identità in grado di rispondere alle sempre più complesse esigenze di un consumatore evoluto, informato e responsabile.

Il terzo incomodo (il cliente!?)

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Nel corso degli ultimi anni si è registrata una forte crescita del cambi di organizzazione (cambi insegna) nell’ambito della GDO, con una dinamica accelerata rispetto ai periodi precedenti.

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Il cambio insegna di un negozio- inteso come passaggio da un’organizzazione a un’altra- è certamente un momento delicato che coinvolge personale, assortimenti, layout fisici, clienti e via dicendo.

Ma concentriamoci sui clienti. Quando un negozio viene ceduto da un retailer all’altro, i clienti normalmente vengono gestiti come dei terzi incomodi:  difficilmente qualcuno si fa carico di spiegare quanto avverrà a quello che spesso è il proprio negozio di riferimento, al di là di banali cartelli di lavori in corso che ricordano i famigerati “stiamo lavorando per voi” che si osservano (stando in coda) lungo le autostrade del nostro Paese. Poi un giorno, come per incanto, il cliente varcando la soglia del punto vendita noterà che gli addetti alla vendita hanno cambiato divisa, non troverà più quella pasta (private label) che tanto gli piaceva e scoprirà che quella tessera di plastica che custodisce nel portafoglio non vale più nulla, né i punti in essa accumulati…

Uno scenario troppo fosco? Non direi… E’ quanto accade normalmente.

E’ assurdo questo modo di procedere, non solo per il mancato rispetto del cliente- che dovrebbe essere lo stakeholder di riferimento (il “capo” per dirla con Mercadona)- ma anche perché interrompere in modo così drastico la “storia” di un negozio (sia questa una superette, un supermercato o un ipermercato) è un metodo efficacissimo per distruggere valore (ovvero parte di quell’avviamento che viene correttamente valutato nell’ambito degli accordi di cessione e vendita di negozi).

E’ certamente vero che il rapporto tra retailer uscente e subentrante è spesso difficile e “scabroso”, ma sono altrettanto certo che si possa fare di meglio, mettendo al centro il CLIENTE  non solo nelle presentazioni in powerpoint dei Convegni ma anche nella più difficile realtà quotidiana… Ne vogliamo parlare?

Daniele Cazzani @danielecazzani