Pochi giorni fa ha aperto ad Arese IlCentro: il più grande centro commerciale italiano e tra le più importanti strutture in Europa.
Riprendo quindi con piacere un mio post pubblicato nel settembre 2013 (https://wordpress.com/post/marketingretail.wordpress.com/350), per vedere se e come il settore dei centri commerciali abbia intrapreso o meno quel percorso di innovazione che, da ex addetto (ed appassionato) ai lavori mi ero permesso di proporre.
Il centro della mia tesi era (ed è) che ai centri commerciali servisse un’identità, che non è affatto data dalla summa delle identità (insegne) del mall, in primis da quella dell’ancora alimentare (se presente).
Quell’identità andava creata- così dicevo- attraverso un’attenta gestione di cinque leve di marketing:
1. la valorizzazione di sinergie tra ancora alimentare e negozi;
2. la fidelizzazione della clientela;
3. la collaborazione col territorio;
4. la gestione strategica della comunicazione;
5. un palinsesto di eventi unici.
Sono passati quasi tre anni da allora ed è evidente come quell’approccio non risponda più alle esigenze di un contesto che è ancora mutato, e si è reso più competitivo non tanto, non solo, per l’aumento della concorrenza tra centri commerciali, ma per la crescente concorrenza trasversale tra centri commerciali e altri ambienti, altri spazi (reali o virtuali) in cui il consumatore si reca per il soddisfacimento dei propri bisogni.
Siamo nell’era della multicanalità– anzi della omnicanalità- e già solo la definizione di “centro commerciale” risulta difficile. Come detto, la concorrenza non è più, non è solo, tra centri commerciali perché il consumatore oggi ha molteplici strade di fronte a sé…
Non sono più sufficienti un corretto mix merceologico nella galleria, una food court ampia e varia, un buon calendario di eventi, importanti investimenti in comunicazione…
E’ necessario molto di più.
E’ la dimensione esperienziale il vero elemento che può rendere forte un centro commerciale,. Attraverso l’attenzione alle esigenze della più ampia tipologia di bisogni e la presenza di servizi per diversi target si può arrivare a costruire l’esperienza per il Cliente DEL e NEL centro commerciale. Quest’ultima infatti non può essere solo la somma di diverse esperienze, ma deve rispondere a un disegno unitario, con una regia (nelle mani del gestore del centro commerciale) che non ha il compito di trovare il minimo comun denominatore tra gli operatori presenti, ma che deve essere in grado di valorizzare i singoli ma all’interno di una strategia di posizionamento unitaria.
Da questo punto di vista la strada da compiere a mio avviso è ancora molta. In primis nella fase di commercializzazione.
Non è sufficiente provare a riunire sotto un unico tetto le migliori insegne dei singoli settori (pensiamo proprio a IlCentro dove convivono i migliori esempi di fast fashion: Zara, H&M e Primark), ma sarà premiante un lavoro di ideazione di format innovativi, differenzianti, pensati per il target del centro commerciale (ma esiste in realtà oggi un centro commerciale che abbia definito il proprio target e che non si sia invece limitato a indicarlo nell’universo-mondo?).
Questo vale per a maggiore ragione per le food court dove non può essere solo la varietà a vincere, ma la ricerca di novità e il coraggio di proporre.
Sperimentare e innovare devono essere parte integrante non solo del retail moderno, ma anche di un moderno real estate.
Innovare anche nei servizi. Aree bimbi, aree di custodia per i propri amici a quattro zampe sono certamente degne di nota, ma esistono altri target? Gli anziani, ad esempio. IlCentro ne ha valutato le esigenze? Le dimensioni del mall certamente non li aiutano- ma non possiamo certamente mettere in discussione una scelta architettonica che ci offre uno dei centri commerciali più belli del Continente, per spazi e materiali!- ma la prima (opinabilissima) sensazione è che siano stati dimenticati nel progetto, più rivolto ad accarezzare le nuove generazioni, dimenticando una fetta consistente della nostra società (come, a onor del vero, fa buona parte del retail).
Ma non è mio obiettivo entrare nel dettaglio su questo tema.
Ai centri commerciali serve una nuova anima, più vicina al Cliente. Certamente questa evoluzione può essere più facile per le nuove strutture, e più difficile per i centri commerciali più datati, ma si tratta di una via obbligata per tutto il settore. Altrimenti, per i più deboli e lenti nel costruire la propria proposta attorno al Cliente, la concorrenza dei centri commerciali virtuali e dei nuovi mall, sarà sempre più forte e difficile da contrastare.
Si tratterebbe alla fin fine dell’applicazione in salsa retail della darwiniana selezione naturale. Se non fosse per gli impatti occupazionali di un simile scenario potremmo anche pensare che un settore arrivato oramai alla fase di maturità non dovrebbe stupirsi che sia arrivato oramai questo momento…
In sintesi: creare esperienze e innovare. Ecco i due verbi che il settore dei centri commerciali dovrebbe declinare giornalmente.
Concludo con una provocazione. La prima domenica di apertura de IlCentro è stata in concomitanza col cosidetto referendum sulle trivelle. Sui social si sono scatenati in molti lamentandosi di quante persone si fossero recate ad Arese per vedere il nuovo centro commerciale- magari attratti dai gadget distribuiti da tanti negozi- piuttosto che recarsi alle urne. Lasciando da parte per un attimo le ragioni del sì, del no e dell’astensione, pensavo quanto sarebbe rivoluzionario se i seggi elettorali venissero allestiti all’interno dei centri commerciali, che- lo si dice da anni- sono divenuti le nuove piazze di aggregazione domenicale per migliaia di nostri concittadini.
Può esserci un ruolo “civico” per i centri commerciali? Perché no?
Provocare potrebbe anche far rima con innovare…
@danielecazzani