I migliori influencer? I propri dipendenti!

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Retailer e Brand sono spesso alla spasmodica ricerca di INFLUENCER e AMBASSADOR; ma ancora più spesso non si rendono conto che i primi influencer e ambassador li hanno in casa: sono i propri DIPENDENTI.

Ma perché ciò avvenga è necessario che i dipendenti si INNAMORINO dei propri PRODOTTI e dei propri CLIENTI; che li sentano, appunto, PROPRI (non di qualcun altro o di un’impersonale entità aziendale).

Una sfida non facile che per essere vinta deve essere combattuta, insieme, OGNI GIORNO.

In relazione invece ai primi- agli  spesso strapagati influencer e ambassador- sono due i temi da sottolineare.

Innanzi tutto retailer e brand non devono nemmeno sognarsi di sopperire alla propria mancanza di reputation attingendo alla reputation dell’influencer di turno; anzi devono essere molto attenti alla loro selezione che deve essere coerente col posizionamento del retail/brand, perché di strane “abbinate” è già pieno il web 😉

In secondo luogo, quanti retailer o brand hanno il coraggio di adottare metriche per misurarne il reale impatto?

Certo il mondo digital non difetta certo di metriche (e da questo punto di vista risulta sempre più preferibile ai media tradizionali in cui parlare di numeri è sempre più difficile), come il CPE (costo per ingaggio), lo share of voice o il tasso di conversione, etc…

A mio avviso il tema delle metriche efficaci e di facile lettura che possano misurare impatto dell’influencer sul business aziendale- nel breve e medio periodo- diventerà sempre più importante per garantire un futuro all’influenzar marketing.

Quindi lunga vita agli influencer ma, in primis, pensiamo ai nostri dipendenti!

 

@danielecazzani

Il più evoluto sistema di CRM si chiama… Mario!

Riconosce i Clienti appena entrano nel negozio (ancora meglio di AmazonGo). Ne ha memorizzato i gusti, i precedenti acquisti, ed è così che sa proporre mirate proposte promozionali o azioni di cross selling. Sa individuare i clienti per test e survey, perché è conscio che il vero giudice di qualsiasi innovazione è il Cliente. Ed è in grado di mapparne le interazioni sulle proprie pagine social.

In sintesi mixa le principali caratteristiche di un moderno CRM- ascolto, dialogo, coinvolgimento, profilazione e misurazione- con l’unico obiettivo di migliorare la customer shopping experience e costruire, partendo da questa, strategie efficaci, dinamiche, flessibili, tailor made (cucite sul singolo cliente).

Questo sistema non è in cloud, e non stato progettato da qualche start-up americana (né tantomeno italiana o europea), ma è il frutto… dell’amore di Monica e Carlo, due appassionati commercianti.

Questo “sistema” si chiama infatti Mario.

E’ il figlio di Monica e Carlo- ne ha ereditato il negozio- ed è il titolare di una gastronomia di cui da anni sono affezionato cliente (nonché involontario testimone dell’efficacia del suddetto sistema).

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Purtroppo Mario è un “sistema” non replicabile né esportabile.

Mi si perdoni quindi il divertissement iniziale, ma il tema del CRM è per me fondamentale soprattutto in realtà dove non si può fare affidamento sulla singola Persona, ma, come nelle moderne e complesse realtà retail, deve essere la struttura e la cultura organizzativa a costruire un efficace “sistema” di relazione col Cliente.

Se si è davvero convinti che le strategie debbano sempre più essere customer-centriche e che il focus debba sempre più essere il Cliente- cose che sento ripetere ovunque…- per quale motivo il CRM stenta a diventare vero motore delle strategie aziendali- penso qui a tante realtà retail- rimanendo invece, spesso, una “riserva” del marketing?

A mancare non sono certi gli strumenti tecnologici, ma forse più la volontà di compiere un passo culturale verso quei Clienti- siano essi boomers, generazione x, millenials…- che chiedono di essere ascoltati, che si organizzano in comunità attorno ai brand preferiti e che pretendono sempre più una nuova relazione.

Il paradosso è che Mario lo aveva capito anni fa senza partecipare ad alcun convegno…

@danielecazzani