RIPRENDO ED ESTENDO L’ARTICOLO PUBBLICATO SUL NUMERO DI GIUGNO 2018 DI MARKUP
Raccontare. Emozionare. COINVOLGERE. Suggerire… Sono davvero molti i ruoli che possiamo assegnare alle VETRINE di un negozio.
Proprio per questo motivo le vetrine devono essere considerate come un vero e proprio MEDIA.
Nonostante questo potenziale, la sensazione è che però molti retailer non sappiano bene come gestire questi spazi: basta fare due passi nelle vie di una città o in un centro commerciale per capire come spesso a vincere sia l’improvvisazione, la standardizzazione o, peggio ancora, la BANALITÀ.
Eppure come detto si tratta di TOUCHPOINT fondamentale; le vetrine sono la prima calamita in grado di attrarre anche il consumatore distratto dallo schermo del proprio smartphone. In un’epoca caratterizzata da eccesso (e talvolta appiattimento) di offerta sono davvero pochi i secondi (e i metri) a disposizione del retail per CATTURARE il potenziale consumatore.
Nonostante sia evidente quanto siano fondamentali la LEGGIBILITÀ dell’offerta e del messaggio, spesso le vetrine sono invece gestite come repository per una gran quantità di prodotti, quasi si volesse condensare in pochi metri tutta la propria offerta, spinti da un assurdo “horror vacui” che porta a saturare tutti gli spazi.
Altrettanto importante è la COERENZA tra la vetrina e il negozio. La promessa, il racconto, non devono essere smentite appena varcate le soglie d’ingresso; eppure spesso la sensazione è proprio questa, come se vetrina e negozio fossero gestite da aziende diverse (per capirne il motivo basterebbe guardare agli organigrammi interni di tanti retailer… e vedere la frattura tra la funzione che si occupa del visual e le altre funzioni del marketing in primis).
L’altra tendenza è quella di digitalizzare questi spazi, dotandoli di tecnologie di digital signage con moderni schermi led. Quest’ultima moda, che sembra interpretare le vetrine quali grandi TELEVISORI, non tiene conto del tipo di engagement possibile per un consumatore in transito lungo una via o un mall, e non certo comodamente seduto su un divano…
Si tratta di un ERRORE già fatto con gli schermi degli smartphone impropriamente considerati come mini-televisori. In quel caso ciò che non si considera è che i contenuti devono essere personalizzati per essere rilevanti su un mobile device; nel caso delle vetrine invece va considerata la modalità di fruizione di un video (spesso senza audio) da parte di un consumatore poco disponibile a sincronizzare il proprio orologio con uno spot (soprattutto senza avere con sè l’amato TELECOMANDO).
Permettetemi ora una provocazione. E se la miglior vetrina fosse una NON VETRINA?
Gli Apple Store ad esempio presentano vetrine senza prodotto. Quello che viene raccontato però è l’ESPERIENZA del cliente all’interno dello store.
Un racconto potente, in grado di ingaggiare il consumatore e invitarlo all’interno del negozio per unirsi alla community degli appassionati di Apple…
Certo un caso che pare limite vista la forza del prodotto Apple, ma uno spunto per tanti retailers alla ricerca di un’identità per le proprie vetrine.
In conclusione se le vetrine vogliono trasformarsi in un efficace specchio dei DESIDERI del consumatore è quanto mai necessario ripensarle trasformandole da cenerentole del marketing a splendide principesse (e perdonate questa confusione di fiabe 😉)
@danielecazzani