Martedì 16 ottobre ad Assago ho avuto il piacere di essere inviato quale speaker all’evento IT’S ALL CRM CONTACT CENTER, potendomi così confrontare con altre realtà Retail sui temi legati al futuro del CRM o, per anticipare uno dei mantra dell’incontro, del CXM (dove “X” sta ovviamente per “experience”).
Le parole più ripetute durante l’incontro sono state “cultura”, “organizzazione”, “cliente” (of course!), “dati” e… Amazon 😉
A ben pensarci, proprio Il fantasma che terrorizza i retailers d’Europa (e non solo) è un’ottima sintesi delle “parole d’ordine” sopra elencate.
Ma andiamo con ordine.
Paradossalmente sembra che il combinato disposto tra bigdata e un consumatore sempre più omnichannel abbia negli ultimi anni aumentato la complessità per le aziende retail nel leggere, o meglio nel comprendere attitudini e comportamenti dei consumatori in senso più lato.
Per poter gestire questa nuova complessità servono certamente nuove tecnologie– ampiamente disponibili sul mercato- ma soprattutto una nuova ORGANIZZAZIONE che veda lavorare fianco a fianco IT e Marketing, abbattendo steccati e gelosie che hanno fino ad oggi inficiato gli sforzi di tanti Retailers in questa direzione.
Ma prima ancora di compiere questo passo è necessario creare una nuova CULTURA del DATO e dell’informazione. Serve innanzi tutto definire in modo chiaro (e condiviso tra tutte le funzioni aziendali, a partire dal CEO) quali siano gli obiettivi del proprio business, e all’interno di questo cosa sia richiesto al CRM e quindi quali siano le informazioni necessarie e rilevanti a supporto della costruzione delle più efficaci strategie.
Il focus di questo immenso sforzo richiesto al Retail deve essere, davvero, il CLIENTE.
Il CRM non è una polaroid utile per scattare qualche istantanea del Cliente, che corre il rischio di essere cestinata se la foto che restituisce non è in linea con le attese aziendali.
Il CRM deve e può essere un motore di intelligenza. Ma per cogliere questo obiettivo deve lavorare in stretto legame con tutte le altre funzioni aziendali, in primis con quelle che più di altri sono a stretto contatto col Cliente all’interno dei negozi, evitando di rinchiudersi in qualche stanza e di fronte a qualche powerpoint.
Questa intelligenza deve però partire dalla capacità di sfruttare appieno le numerosissime informazioni (parziali e frammentarie) che il Retail già ha del cliente, mentre spesso la sensazione è che si cerchino sempre nuove informazioni che diventano via via più ingestibili e spesso contraddittorie, con l’effetto finale di vedere il CRM Manager di turno che come l’asino di Buridano resta indeciso nel da farsi finendo per essere superato dai fatti (i dati, si sa, invecchiano molto rapidamente).
Solo i dati e un Marketing intelligente possono aiutare il Retail a comprendere al meglio le journey dei singoli clienti e attorno a questi disegnare la migliore experience, e superare così i limiti dei più tradizionali approcci di CRM, che restano per lo più indistinti o grossolanamente differenziati per cluster che tengono conto solo di alcuni attributi transazionali o socio demografici dei propri Clienti.
E’ un tema culturale e organizzativo, non tecnico. Prima il Retail ne prenderà atto, prima potrà scacciare i fantasmi che ne turbano i sonni…
@danielecazzani