Potremmo così grezzamente sintetizzare i macro fenomeni che hanno caratterizzato il retail negli ultimi anni:
- la riduzione dei consumi e
- l’aumento dell’offerta (sia in termini di prodotti che di canali)
Dando come assodato come la moltiplicazione (e ibridazione) dei canali di vendita sia avvenuta soprattutto come risposta all’evoluzione tecnologica (mobile, social network ed esplosione dell’e-commerce) soffermiamoci sul secondo punto.
E’ indubbio che l’aumento dell’offerta di prodotti (o servizi) disponibili sia stata una delle leve più utilizzate dal retail per contrastare proprio la contrazione dei consumi.
Ma un aumento tout court dell’assortimento proposto al cliente può in realtà determinare nel cliente l’angoscia della scelta, intesa- riprendendo la lezione di Kieerkegaard- come conseguenza di una condizione in cui tutto è possibile e l’eccesso di possibilità aumenta le possibilità di errore…
L’aumento delle alternative può paradossalmente portare il consumatore a una situazione di stallo nella scelta con conseguenza negative sull’esperienza propria (e quella del retailer).
In ambito e-commerce la presenza di filtri per la navigazione degli assortimenti riduce talvolta questo rischio anche se spesso la loro impostazione non è fatta in ottica consumer-centrica ma prodotto-centrica replicando gli alberi merceologici dei prodotti che non è affatto detto siano coincidenti con gli alberi decisionali dei consumatori.
Negli store fisici questo compito di guidare il cliente nella navigazione della propria proposta viene quasi sempre dimenticato. Raramente si trovano directory e ancor più raramente il personale in store risulta avere tra i propri compiti (e competenze) il guidare il cliente tra reparti e corsie.
Anche questo aspetto porta molti consumatori a preferire l’e-commerce a uno store brick & mortar; ma se questo avviene la colpa non è di Amazon & c. ma di tanti manager che ancora non hanno capito CHI sia il proprio cliente e quale EXPERIENCE sia necessario disegnare nel 2019 per poter sopravvivere nel complesso mondo del retail.
Ma veniamo ora brevemente al panino del titolo.
Partiamo da una foto.
Si tratta del menù di un piccolo locale di Milano che propone ottimi panini con un servizio rapido e piuttosto efficace.
Il menù come si può desumere è strutturato in ordine alfabetico. Non per ingrediente principale, non per tipo di panino, non per prezzo, non per categoria (ad es vegano…) ma alfabetico.
Insomma l’assortimento è proposto con una logica che non è coerente con l’approccio del cliente a questo tipo di consumo (a meno di non pensare che qualcuno entri in una paninoteca pensando “oggi mi voglio gustare un panino che inizi con la lettera p”!?).
Io ho dovuto cercare con attenzione nel ricco menù per trovare il mio panino alla bresaola 😦
Insomma anche da un menù correttamente strutturato il retail potrebbe trarre l’insegnamento che la rappresentazione della scelta è al cuore dell’esperienza dei clienti, ai quali va evitata una condizione di angoscia che porta molto spesso a un non consumo.
@danielecazzani
NOTA FINALE
Suggeriamo sul tema la lettura del libro “Troppa scelta” del prof. Guido Lugli dell’Università di Parma.