E’ opinione diffusa che la crisi del coronavirus abbia accelerato alcune dinamiche che stavano già interessando il retail- pensiamo all’esplosione dell’e-commerce che ha travolto sia chi non era preparato sia chi pensava di esserlo…- e ne abbia innescate altre del tutto nuove.
Tra queste ultime certamente possiamo citare la progettazione e il ruolo degli store fisici.
Per quanto sia indubbio che negli ultimi anni molte risorse siano state investite per rendere più belli, ingaggianti ed esperienziali gli store, altrettanto indubbio- tranne rare eccezioni- è che il centro della progettazione sia stato il prodotto: il negozio in questo scenario era chiamato a teatralizzare il prodotto, mentre il cliente veniva dopo…
Ora tutto è cambiato. Nei negozi si sviluppa una nuova esperienza- ingressi contingentati, distanziamento, obbligo di dotarsi di dispositivi di protezione individuale ecc- che deve porre al centro il cliente, le persone.
Dei tre ingredienti che definiscono un negozio, ovvero le persone, i prodotti e l’architettura, è quest’ultima a dover oggi più che mai giocare un ruolo fondamentale mettendo in relazione persone e prodotto.
Dovrà fare questo avendo ben presente che tutto sta cambiando, in primis l’approccio del cliente all’esperienza d’acquisto, oggi più razionale (appuntamento programmato) e, da alcuni punti di vista, stressante (pensiamo alle file all’ingresso, la limitazione del contatto ecc).
Così spazi, materiali, profumi, luci saranno chiamati a mettere a proprio sia il cliente che il venditore che dovranno sentirsi sicuri e al centro dell’attenzione del retailer: entrambi protagonisti di una nuova esperienza in cui le emozioni saranno chiamate a bilanciare la razionalità imperante.
Si tratta di una grande opportunità per il retail di innovare reti ancorate a paradigmi del futuro e destinate a scomparire di fronte all’e-commerce se non allineate ai nostri needs dei clienti.
@danielecazzani