Nello scorso autunno quando si iniziava a parlare di “new normal” ci siamo purtroppo accorti che di “normal” vi era ben poco: dapprima i coprifuoco serali, quindi il carosello dei colori delle regioni italiane, poi la chiusura dei centri commerciali nel week-end e della ristorazione, hanno avuto l’effetto di ravvolgere le lancette del tempo riportandoci laddove avevamo sperato di non trovarci più.
Una lunga sequenza di avvenimenti cui si è sommata una drammatica frenata nei consumi (sopratutto non alimentari) e un riequilibrio nei canali di vendita- con la portentosa accelerata dell’e-commerce- che ha ridisegnato il panorama del Retail.
Un riassetto destinato a non essere recuperato.
Il Retail infatti non può permettersi il lusso di rinchiudersi in una caverna, in letargo, in attesa che tutto torni come prima.
Quanto successo- inutile nascondersi dietro il semplicistico detto che ogni crisi è un’opportunità- ha messo e metterà a rischio tante realtà e che ha già avuto l’effetto di sconvolgere i piani di mid-term di tanti Retailers.
Questa è forse la prima volta nella storia moderna del Retail in cui una profonda rivoluzione non è dettata da un’innovazione tecnologica quanto da un elemento esogeno e, per questo, ancora più difficile da gestire, proprio perché impatta sui comportamenti di acquisto, sulla psicologia del consumatore, sul ruolo dello store fisico e via dicendo. Una vera e propria sfida che dovrebbe essere affrontata in primis partendo dalle organizzazioni, dalle persone e dai propri clienti.
Certo, non è detto che mettere al centro delle proprie strategie il cliente e la sua esperienza risolva da domani tutti i problemi, ma sarebbe la scelta corretta per non farsi trovare impreparati all’arrivo della tanto auspicata primavera.
@danielecazzani