LA CUSTOMER CENTRICITY NELLE CORSIE

Aiutare i clienti a NAVIGARE nella propria offerta è sempre più importante- soprattutto nelle grande superfici di vendita- anche per compensare l’ipertrofia degli ASSORTIMENTI

Nonostante questa evidenza- e al netto del senso di smarrimento che ci occorre quando ci accorgiamo che il prodotto da noi cercato è stato spostato rispetto al solito scaffale (né ho già parlato in un post passato)- capita spesso di trovarsi in strutture dove questo aspetto è più che TRASCURATO con cartelli mancanti o con indicazioni erronee o parziali che disorientano e aumentano lo stress dello shopping.

Oggi più che mai la navigazione di un assortimento di un sito di E-COMMERCE è facilitata di filtri che permettono (se ben concepiti) di arrivare in pochi passi a trovare il proprio prodotto.

Con la stessa logica- ma con strumenti e soluzioni diverse ovviamente – anche il retail b&m (soprattutto quello con grandi superfici o assortimenti complessi) dovrebbe investire per ridurre la FATICA DELLA SCELTA.

Inutile parlare di CUSTOMER CENTRICITY se i bisogni dei clienti alla fine non sono considerati…

@DanieleCazzani

UN MESSAGGIO PER I CEO DELLA GDO: ASCOLTATE EINSTEIN

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose […] La crisi porta progressi […] E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà […] dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza”.

Non sono solito sfruttare frasi di altri- ritengo il vezzo del citazionismo il car sharing del pensiero- ma questa frase di  Albert Einstein è, mio avviso, perfetta per sintetizzare lo stato dell’arte della distribuzione italiana.

Questa amara constatazione sorge dopo avere seguito- come sempre a distanza- i lavori de Linkontro 2022 organizzato da NielsenIQ in cui ho visto molta attenzione sul tema dell’inflazione- tema pressante ma contingente- delle filiere, della sostenibilità, della transizione digitale. Beninteso si tratta di temi certamente fondamentali dell’oggi e del domani ma quello che mi è parso mancare è una seria riflessione su cosa si debba cambiare per vincere le nuove sfide.

Questa domanda, tra l’altro, andrebbe posta mettendosi nei panni del cliente. Pensiamoci: che differenza sostanziale c’è nella politica promozionale e commerciale del 2022 rispetto a quella di 20 anni fa? Sempre volantini… Anche le logiche che guidano gli assortimenti e il rapporto con l’Industria non sono poi cambiate (fatta eccezione per l’affermazione delle pl, che sono ben lungi dall’essere la soluzione di tutti i mali però). Idem dicasi per gli schemi dei programmi loyalty. E potrei continuare… 

Gattopardescamente si realizzano negozi sempre più belli e high tech ma il cuore non cambia.

Serve coraggio e inventiva per cambiare i paradigmi. Ne parliamo al prossimo meeting?

@danielecazzani

C’ERA UNA VOLTA UN NUMERO VERDE…

DAL N.310 DI MARK-UP

A quanti non è capitato di scontrarsi con infiniti tempi di attesa dopo avere chiamato un numero verde o, peggio ancora, di sentirsi come frustrati Indiana Jones, alla disperata ricerca di un riferimento del customer service su un sito web?

Inutile nasconderselo: il customer service solitamente non è nelle priorità dei CEO del retail; anzi, è vissuto come un obbligo piuttosto che un’opportunità.

Ad aggravare questa (erronea) sensazione negli ultimi anni i touchpoints del customer service si sono moltiplicati: un tempo bastava avere un indirizzo di posta, poi sono arrivati i numeri verdi, quindi le e-mail e ora i canali social, whatsapp…

La moltiplicazione dei canali di contatto ha moltiplicato i costi e spinto tanti retailers ad esternalizzare il servizio col solo obiettivo di ridurli. Il punto non è se questa scelta sia a prescindere giusta o sbagliata ma ricordarsi quali sono i fattori chiave del customer service: le persone (che devono essere costantemente formate e ingaggiate), le tecnologie che queste usano e, ancor più una cultura aziendale che ne riconosca il ruolo.

Inoltre è necessario dotare il customer service di metriche. Queste solitamente sono di tipo transazionale- quali la percentuale di chiamate gestite su quelle in entrata, il tempo medio di risposta, il tempo di risoluzione…- anche se negli ultimi anni si sono aggiunte metriche relative alla soddisfazione del cliente sull’assistenza ricevuta.

Il passo successivo sarebbe aggiungere nuove metriche che misurino impatto del customer service sui risultati del business in termini non solo, o non tanto, di vendite quanto di retention dei clienti e aumento del loro valore.

In conclusione c’è ancora molto da fare prima che il metaverso ponga nuove sfide anche su questo fronte.

@danielecazzani