#HUMANRETAIL

Non è più tempo per ALIBI (nonostante ve ne sarebbero molti in questo periodo..).

È tempo che il Retail si focalizzi sui propri CLIENTI- ricordandosi l’errore fatto negli anni passati in cui ha lasciato questo vantaggio competitivo ai player dell’online- non ascoltando chi dice che la “CUSTOMER CENTRICITY” sia una chimera (affermazione che sembra una versione moderna della favola del lupo e dell’uva di Esopo).

Il Retail deve concentrarsi anche sulle sue PERSONE, tra le quali si nascondono TALENTI e passioni che non attendono altro che di essere ascoltati e attivati.

La Distribuzione si trova di fronte a un bivio importante che richiede scelte e CORAGGIO: non è più tempo di tattici 3×2 o sottocosto ma di una profonda INNOVAZIONE, non tanto digitale quanto nei propri manager e nelle proprie STRATEGIE.

Nel video le mie considerazioni al termine del Marketing & Retail Summit di Milano che,come sempre, è stato un ricchissimo di spunti e stimoli.

@danielecazzani

LA CUSTOMER CENTRICITY NELLE CORSIE

Aiutare i clienti a NAVIGARE nella propria offerta è sempre più importante- soprattutto nelle grande superfici di vendita- anche per compensare l’ipertrofia degli ASSORTIMENTI

Nonostante questa evidenza- e al netto del senso di smarrimento che ci occorre quando ci accorgiamo che il prodotto da noi cercato è stato spostato rispetto al solito scaffale (né ho già parlato in un post passato)- capita spesso di trovarsi in strutture dove questo aspetto è più che TRASCURATO con cartelli mancanti o con indicazioni erronee o parziali che disorientano e aumentano lo stress dello shopping.

Oggi più che mai la navigazione di un assortimento di un sito di E-COMMERCE è facilitata di filtri che permettono (se ben concepiti) di arrivare in pochi passi a trovare il proprio prodotto.

Con la stessa logica- ma con strumenti e soluzioni diverse ovviamente – anche il retail b&m (soprattutto quello con grandi superfici o assortimenti complessi) dovrebbe investire per ridurre la FATICA DELLA SCELTA.

Inutile parlare di CUSTOMER CENTRICITY se i bisogni dei clienti alla fine non sono considerati…

@DanieleCazzani

UN MESSAGGIO PER I CEO DELLA GDO: ASCOLTATE EINSTEIN

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose […] La crisi porta progressi […] E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà […] dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza”.

Non sono solito sfruttare frasi di altri- ritengo il vezzo del citazionismo il car sharing del pensiero- ma questa frase di  Albert Einstein è, mio avviso, perfetta per sintetizzare lo stato dell’arte della distribuzione italiana.

Questa amara constatazione sorge dopo avere seguito- come sempre a distanza- i lavori de Linkontro 2022 organizzato da NielsenIQ in cui ho visto molta attenzione sul tema dell’inflazione- tema pressante ma contingente- delle filiere, della sostenibilità, della transizione digitale. Beninteso si tratta di temi certamente fondamentali dell’oggi e del domani ma quello che mi è parso mancare è una seria riflessione su cosa si debba cambiare per vincere le nuove sfide.

Questa domanda, tra l’altro, andrebbe posta mettendosi nei panni del cliente. Pensiamoci: che differenza sostanziale c’è nella politica promozionale e commerciale del 2022 rispetto a quella di 20 anni fa? Sempre volantini… Anche le logiche che guidano gli assortimenti e il rapporto con l’Industria non sono poi cambiate (fatta eccezione per l’affermazione delle pl, che sono ben lungi dall’essere la soluzione di tutti i mali però). Idem dicasi per gli schemi dei programmi loyalty. E potrei continuare… 

Gattopardescamente si realizzano negozi sempre più belli e high tech ma il cuore non cambia.

Serve coraggio e inventiva per cambiare i paradigmi. Ne parliamo al prossimo meeting?

@danielecazzani

UNA VECCHIA CABINA TELEFONICA E L’E-COMMERCE GROCERY

DA MARK-UP N. 309

Negli ultimi anni, sopraffatta dalla crisi del non food assediato dall’avanzata dell’e-commerce, buona parte della grande distribuzione si è rifugiata nel mondo del grocery e dei freschi- con puntate perfino nella ristorazione- sperando di trovare in quello spazio un’oasi di tranquillità al riparo da Amazon & c.

Un comportamento umano- troppo umano, direbbe Nietzsche- che avevamo visto in passato in altri settori. 

Pensiamo a quanto accaduto nelle tlc dove l’avvento della telefonia mobile ha sconquassato un settore che si considerava intoccabile, trasformando in pochi anni le cabine telefoniche in un prematuro esempio di archeologia industriale.

Oppure pensiamo alle banche che- molte ancora oggi- guardano con distacco il mondo delle web-bank pensando sia destinato a rimanere una nicchia, mentre fra non molti anni le filiali bancarie- già sotto scacco per le fusioni nel settore- saranno immobili da convertire a kebab (o quant’altro) e poco dopo toccherà ai bancomat…

La mia raccomandazione alla GDO quindi è di aprire gli occhi prima che sia troppo tardi, evitando di pensare che vi siano oasi tranquille.

Beninteso, non dico affatto che tutto sia ineluttabile, ma nascondere la testa sotto la sabbia non aiuta certo ad affrontare il futuro per il quale servirebbe rivedere lo stesso paradigma della distribuzione così come oggi la intendiamo. C’è forse qualcuno che si sente di affermare che il settore abbia conosciuto importanti innovazioni negli ultimi anni? Basterebbe guardare la propria cassetta postale zeppa di volantini promozionali o un ipermercato per avere seri dubbi sulla fondatezza di una tale affermazione.

@danielecazzani

LA NON ISOLA E I SUOI TESORI (CLIENTI E FILIERE)

CONSIDERAZIONI PER IL RETAIL SUMMIT DEL 22.09.2021 PUBBLICATE SUL NUMERO 302 DI MARKUP MAGAZINE

Citando una frase di J.Donne- resa famosa dallo spot del principale player del settore- potremmo dire che nessun insegna della GDO è un’isola.

Se nello spot si intendeva dire che un supermercato vive in un territorio fatto di persone, passioni, storia e cultura, la mia provocazione vuole essere quella di invitare gli attori della GDO a non immaginarsi come isole autosufficienti.

Il rischio, altrimenti è di bloccare le propria evoluzione come evidenzia il caso degli ipermercati, ieri punta più evoluta del retail, oggi è sempre di più in difficoltà.

Partendo da questa consapevolezza la GDO dovrebbe aprirsi a collaborazioni con soggetti terzi, guardando ad esempio al mercato delle start-up, non tanto per comprare licenze quanto per studiare nuovi approcci al mercato e ai clienti.

Il tutto in ottica omnichannel, senza illudersi che basti un sito di ecommerce o il click&collect  per sentirsi “al passo coi tempi”.

Servono ibridazioni di forma ma, soprattutto, serve disegnare nuovi modelli di business: pensiamo al potenziale della membership economy che potrebbe divenire la chiave di (s)volta per esprimere il grande potenziale delle carte fedeltà della GDO finora rimasto inesplorato (i clienti sono il vero tesoro!).

Allo stesso modo serve una nuova visione anche sul ruolo delle filiere, facendo evolvere il paradigma del fornitore in quella di una moderna partnership che spinga all’innovazione, alla qualità e alla sostenibilità (delle risorse e delle persone).

Il prossimo Retail Summit ci dirà se e quanto questa consapevolezza sia diffusa e le organizzazioni pronte a puntare nell’unica direzione corretta: quella che porta al cliente.

@danielecazzani

È UN GAZEBO IL SEGRETO DEL SUCCESSO DEI DISCOUNTS!?

Il successo dei discount in UK ha anticipato, per tanti versi, quanto sta accadendo in Italia anche se in pochi nella GDO vi hanno prestato per tempo attenzione (e ora piangono).

Non entro nel dettaglio dei business model dei discounts- la brevità di un post non lo permette…- ma credo che il segreto del loro successo stia anche nella libertà che lasciano ai clienti di “regalarsi” prodotti magari inutili proprio come un gazebo, mentre in un normale iper si è costretti a fare la spesa col bilancino,lanciando un occhio al volantino promozionale e un altro al proprio portafoglio.

https://www.economist.com/britain/2021/05/06/quietly-b-and-m-has-become-one-of-britains-most-successful-retailers

https://www.economist.com/britain/2021/05/06/quietly-b-and-m-has-become-one-of-britains-most-successful-retailers

AI CENTRI COMMERCIALI SERVONO UMILI RAMMENDATORI, NON SPOCCHIOSI ARMATORI

Vedo tanta euforia per la riapertura dei centri commerciali nei fine settimana. Uno stato d’animo certamente giustificato vista la prolungata (e, da tanti punti di vista, ingiustificata) chiusura nei giorni della settimana da sempre più importanti per il commercio.

Tanti operatori confidano nel cosiddetto revenge shopping come acceleratore di questa ennesima ripresa che arriva all’inizio di una stagione estiva su cui tanti ripongono molta fiducia in attesa dei saldi estivi.

Come già capitato in passato temo però che la tentazione di sperare in un ritorno al passato sia una pericolosa illusione.

Basterebbe leggere le ultime ricerche per capire quanto la società italiana esca più povera e comunque provata da questa lunga crisi con un aumento di oltre un milione di disoccupati e i poveri assoluti vicini a quota sei milioni; temi di cui si è smesso di parlare da quando il dibattito si è concentrato sulla possibilità di fare o meno uno spritz all’interno dei locali.

Questi numeri, che stridono con la crescita dei risparmi e della raccolta di fondi di investimento, non possono essere ignorati.

Inoltre l’approccio al consumo in quest’ultimo anno è certamente cambiato con una maggiore attenzione al risparmio- ne è una testimonianza la crescita dei discount e degli specialisti drugstore- e una forte modifica dei canali con la scoperta dell’e-commerce (in forma paura o ibrida) da parte di milioni di consumatori.

Per usare una metafora, il mare del commercio è cambiato e potrebbe quindi rivelarsi frustrante gettare in acqua le vecchie e logore reti per accorgersi che non sono in grado di raccogliere quanto sperato…

Torno così ai centri commerciali che da enormi e gioiose cattedrali dello shopping per lunghi mesi sono state trasformate nei weekend in spazi vietati ai più con lunghi corridoi di saracinesche abbassate, luci spente e un silenzio rotto solo dal rumore di qualche carrello della spesa alimentare.

In questa prima fase di piena riapertura noto molti centri commerciali giocare la carta del risparmio, provando faticosamente a coalizzare le tante anime commerciali dei mall attorno ad operazioni a premio, concorsi o formule votate comunque alla convenienza.

Ho detto prima che il tema del risparmio sarà certamente importante ma non credo risolutivo.

I gestori dei centri commerciali più che immaginarsi quali attori commerciali tout court (non si offendano, ma non hanno la cultura di un retailer…) dovrebbero lavorare per armonizzare (non provare a guidare) le iniziative dei singoli e investire nel disegno di servizi a supporto dell’esperienza dei clienti, tema che finora in pochi hanno affrontato confidando solo nella varietà dei negozi e nella presenza di una food court per fare attrazione.

Per tornare alla metafora del mare le società di gestione delle grandi strutture commerciali dovrebbero quindi dismettere i panni di grandi armatori (alias meri operatori immobiliari) per indossare quelli più umili (ma estremamente utili) dei rammendatori, occupandosi della riparazione delle reti e impegnandosi, con perizia e pazienza, nella connessione delle diverse reti per intercettare un consumatore sempre più sfuggente ed esigente.

In questo nuovo, e ancora burrascoso, mare serve umiltà per sperare in una pesca proficua.

@danielecazzani

LA ROULETTE DI MEZZANOTTE E LA FEDELTA’ IGNORATA

Sono ancora molte le incertezze su quali saranno i lasciti di questa prolungata crisi, ma non c’è dubbio che uno di questi sarà l’accelerazione dell’e-commerce anche nel grocery (a tutt’oggi ancora una cenerentole del commercio online, pur avendo registrato incoraggianti tassi di crescita negli ultimi anni).

Oggi uno degli argomenti più diffusi nelle chat sui social o nelle call tra colleghi (in forzato smart working da settimane) è la ricerca di trucchi e suggerimenti per trovare uno slot nelle consegne a domicilio dei pochi player della grande distribuzione (o affini) che offrono questo tipo di servizio.

Questa esperienza può essere davvero frustrante: appostamenti notturni per intercettare aggiornamenti delle pagine web con la speranza che la fortuna sorrida.

Spesso e volentieri si tratta di un’illusione perché il gran numero di richieste rende probabilisticamente difficile trovare uno slot. Gli stessi operatori hanno ammesso di essere rimasti spiazzati dall’improvviso aumento della domanda (in un settore in cui l’offerta era ed è ancora limitata, anche territorialmente); questo spiazzamento è ingloriosamente visibile a tutti.

L’acquisto online è così oggi un’autentica roulette, dove in palio non ci sono vincite milionarie o raddoppi della posta, ma più semplicemente… qualche cesto di spesa.

Mi chiedo però se, al di là di generiche scuse per i possibili disservizi (in realtà limitati) e (obbligatoriamente) vaghe promesse sulla volontà di migliorare e aumentare l’offerta, i manager della GDO si siano messi nei panni di un loro cliente.

Soprattutto nei panni di un cliente fedele. Magari uno di quelli che tra i primi ha creduto al servizio, nonostante il costo del trasporto, la limitatezza dell’offerta online e qualche farraginosità nelle prime versioni dei siti web…

Oggi quel cliente si trova a sgomitare con tanti altri che, in questo periodo di lockdown, si sono orientati verso l’e-commerce come soluzione tattica, magari per paura degli assembramenti dei superstore e ipermercati.

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[ nella foto: uno degli oggetti del desiderio nel periodo di lockdown: un furgoncino di Esselungaacasa.it 😉 ]

Qualcuno penserà: tutto normale, tutto corretto. E’ la democrazia della GDO: il servizio, lo stesso servizio è offerto a tutti i clienti (o, perlomeno, ai più fortunati).

Vengo così al secondo punto. La fedeltà del cliente è o no importante? Deve o non deve essere premiata? A parole tutti direbbero “certamente” ma nella realtà quanti sta accadendo è la dimostrazione che la fedeltà dei clienti è stata in questo frangente bellamente ignorata.

Dirò qualcosa che farà storcere il naso a tanti: non tutti i clienti sono uguali. Per riconoscere questo fatto bastano due ingredienti: coraggio e numeri. Il primo dovrebbe risiedere nella mente e nei cuori dei manager della GDO, i secondi nei tanto citati bigdata di cui dovrebbero alimentarsi i programmi di CRM e loyalty,

Premiare i migliori clienti dovrebbe essere un imperativo per gli operatori della GDO lungimiranti, perché la presunta democratizzazione dell’offerta (non tanto in termini di prodotti quanto di servizi) rischia di essere una risposta insoddisfacente, una livella che abbassa la qualità del servizio offerto, disconoscendo l’importanza della personalizzazione del servizio che- oramai sono decine le ricerche che lo dimostrano- è uno degli ingredienti più forti della customer experience e della fedeltà dei clienti.

Pensiamoci bene. Cosa fanno oggi gli operatori della GDO per ringraziare i migliori clienti? Hanno forse questi accesso a cataloghi riservati, servizi esclusivi ecc. Solitamente no: quanto hanno diritto è misura del loro livello di fedeltà (punti uguali sconti o premi ad esempio). Tutto qui. Troppo poco. Oggi più che mai.

Questo momento di forte criticità- un momento, lo ricordavo in altro articolo, che mette a rischio proprio la fedeltà dei consumatori “costretti” a frequentare nuovi punti vendita rispetto alla loro consuetudine- poteva (doveva) essere il momento per dire ai migliori clienti: noi ci siamo e vogliamo farti capire quanto tu sia importante per noi.

Un esempio di questo riconoscimento poteva essere ad esempio un accesso privilegiato ai servizi di consegna a domicilio.

Invece, per quanto mi è dato sapere ed esperire, nulla di tutto ciò è stato fatto: anche i migliori clienti sono lasciati al tavolo della roulette in una silenziosa mezzanotte di lockdown…

 

@danielecazzani

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